martedì 20 settembre 2011

re-re-re-inserimento

E per il terzo anno avevo sottovalutato la difficoltà dell'inserimento del nano in una struttura atta ad accogliere nani.
Il primo inserimento al  primo anno di nido , chissà perchè, l'avevo pensato una paseggiata credendo il nano capacissimo  di inserirsi in un ambiente nuovo, capace di sopportare il distacco da mamma e papà e capace di vivere insieme ad altri nani interagendo allegramente. Me lo vedevo li,  giocare pacificamente mentre mi salutava con la manina.
E invece un mese di pianti e tragedie, passato nel cortile del nido in attesa della telefonata , che puntuale giungeva dopo massimo 20 minuti : "signora, il nano sta piangendo disperatamente, lo venga a prendere..." e che ha lasciato nel pupo traumi da abbandono , ancor oggi non rimossi.
E quasi un mese di aspettativa per motivi familiari, poco gradita dalla scuola dove allora insegnavo.
Siccome poi il nido è stato un gran successo per il resto dell'anno, chissà cosa mi ha detto il cervello quando sono andata a fare serena e ottimista il secondo inserimento per il secondo anno di nido.
"Vado li, sto un pochino e poi mi allontano, tipo,  a fare un pò di spesa; dopo un paio di ore torno..."
Come se il primo anno non fosse mai esistito!
La mia faccia deve essere stata assai stupita e alquanto scossa quando mi sono ritrovata il nano piangente ed urlante aggrappato alle gambe , impedendomi di muovermi in assoluto, mentre tutti gli altri nanetti, compagni di primo anno, se ne stavano tranquillamente a giocare.
La mia disinvoltura non era stata gradita dal figliolo, il quale ha tenuto a sottolineare, che no, non sarebbe stato così facile liberarmi di lui dopo un'estate passata insieme, molto intimi e vicini.
Questa volta me la sono cavata con 2 settimane di inserimento , seduta sulla panchina del girdino, assediata da nanetti+nanogeloso.
Per fortuna avendo inziato con i primi di settembre ho dovuto prendere solo pochi giorni di aspettativa rispetto l'inizio del nuovo anno scolastico.
Adesso il grande salto. Per come sono ridotte le strutture e l'organizzazione delle scuole romane (nonchè lo spirito delle povere maestre), il salto poteva benissimo essere un mortale carpiato, con avvitamento, finale fantozzianamente di pancia e nel vuoto più assoluto. Pare invece che ci sia andata bene, almeno con la nostra maestra (una sola perchè siamo in attesa della seconda incaricata dal provveditorato). La struttura è decentemente sostenuta dalla volontà delle maestre e dei genitori e nell'insieme da una bella sensazione. E' una materna a metodo Montessori e a quanto sembra , il metodo viene seguito come si deve. Malgrado la carenza di molte cose. Sono rientrata nell'incubo dell'approvvigionamento continuo di carta igienica, rotoloni, sapone e risme di fogli A4, che con il passaggio dell'adolescente alle medie avevo già rimosso dalla memoria.
Per questa terza volta invece, mi sono avvicinata all'inserimento timorosa. Messa ormai una pietra sopra le limitate capacità dei miei figli di inserirsi in ambienti nuovi in modo disinvolto, ci sono andata pronta a passare altre settimane sugli scalini in attesa di essere richiamata.
Ho dovuto aggiungere giorni di aspettativa al mio inutile curriculum scolastico, devastato da anni di precariato , orari ridotti, maternità e permessi di ogni tipo e portando un pò di scompiglio nella  scuola dove lavoro, rendendo poco felice chi si occupa dell'orario e attirando altra attenzione sulla mia persona da parte del già sopracitato Preside (notare che mi viene sempre da scriverlo con la P maiuscola...).
E così è andata. Solo che la maestra in piena difficoltà da sovraffolamento nani e sottonumero maestre, mi ha chiesto di rimanere direttamente dentro. Il nano è stato due giorni piegato sulle mie gambe a piangere senza voler aprire gli occhi e totalmente schermato dal resto dei piccoli che ogni tanto venivano a vedere cosa stesse facendo il loro coetaneto apparentemente impegnato in una strana preghiera.
Durante il we abbiamo lavorato sulla psiche del nanetto, ripetendogli come un mantra cose del tipo: " lunedì andiamo ancora all'asiloooooo??? ci sono gli amichettiiiiiii!!!" ; " la mastra Sonia cosa suona? la campanellaaaaaaa!!" ; "l'asilo è beeeelllooooo! ci sono i giochiiiiiii, si dipingeeeee, si va in giardinooooo..." (il tutto immaginatevelo con un tono cantilenante e finto convincente).
Ma lui non si è scomposto minimante.
A tutti ripeteva tranquillo: "si , ma io piangio!".
Impassibile, convinto e deciso. Io piangio!
Siete tutti avvertiti , non pensate di cavarvela così a basso costo. Io piangio!
Non vi illudete, non vi rilassate. Io piangio!
Ve lo dico tranquillamente, adesso , in modo che voi vi possiate organizzare al meglio per la settimana entrante. Io piangio!
E così ieri ho richiamato scuola , ho allungato ancora il brodo dell'aspettativa, l'homo ha visto come fare per prendere qualche mattina e mi sono seduta rassegnata sugli scalini, in compagnia però di un'altra mamma di un altro irriducibile dell'inserimento. Ad aspettare e a stringere affettuose e consolatorie amicizie.
Ma poi ripensando a me e alla mia vita trascorsa, non posso fare a meno di ricordarmi piccola come il nano, mentre aspetto al recinto del giardino dell'asilo mia madre che viene a consolarmi. Io che le tengo la mano, che non voglio lasciarla andare , mentre tutti gli altri bambini giocano festanti.
E poi di nuovo il distacco e pianti a dirotto per l'ora sucessiva.
E il mio asilo era anche bellissimo, me lo ricordo bene. Pieno di giochi e di attività avvenieristiche  considerando l'epoca e considerando che questo asilo era in Belgio.
La maestra la mattina faceva accoglienza , suonandoci il piano con allegre canzoncine e la mia manualità penso sia venuta fuori dal gran numero di lavoretti che ci facevano fare.
C'era la buca della sabbia in-door (date le assurde temperature dell'inverno) e una stanza piena di giochi tra cui un bellissimo banchetto del mercato in scala bambino. Costruzioni giganti e strutture di legno che non ho mai più rivisto in nessuna scuola italiana.
Avevo una compagnetta di banco con un nome simile a Cristine Carton (così la chiamavo io) e mi piaceva un certo Stephanò. Ci davano un delizioso latte al cioccolato con la cannuccia e biscottini allo zenzero. Ma io comunque la mattina piangevo sempre. Anche se mamma cercava di rialzarmi la serotonina con dosi massicce di cioccolata Cotè d'Or lungo il tragitto.
Ricordo chiaramente che il camminare al buio della mattina non mi piaceva e addormentarmi con il sole ancora alto mi sconvolgeva. Quindi non ci sorprendiamo se ancora oggi ho i ritmi sfasati del sonno.
Un conto è viverci costantemente e un conto è essere imprintati in un certo modo nell'età evolutiva e poi riabituarsi ai ritmi e climi mediterranei.
Avevo sempre pensato che questi fossero i motivi del mio pianto per tre anni di asilo belga.
E invece adesso penso di essere stata semplicemente una bambina emotiva e di aver generato figli emotivi.
Si perchè anche l'adolescente all'inserimento della materna , 10 anni or sono, aveva pianto per mesi. Solo che l'avevo rimosso.

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